La storia della
nostra casa

La nascita della Casa di riposo S.Giuseppe è legata al no­me di un sacerdote che ancora oggi alcuni anziani casta­nesi ricordano; si tratta di don Giovanni Caprotti, definito da Mons. Cermenati “martire della carità”, quindi un sa­cerdote che aveva appreso appieno il comando di Gesù: amare il prossimo.
Mons. Cermenati fece propria l’aspirazione di Don Caprot­ti, la sviluppò e cercò delle strade di realizzazione, non senza difficoltà ed incomprensioni: scriveva infatti il 12 settembre 1939 al sig. Cesarino Torno che ” … fino allora vagheggiava l’idea di un erigendo ricovero per vecchi, ab­bandonati, malati cronici indesidarati in famiglia … ma per carenza di locali adatti, per difetti di mezzi e soprattutto per incomprensione di coloro che avrebbero potuto di­sporre, si dovette con amarezza chinare il capo, pregare ed attendere … “
Di lì a poco, agosto 1939, si trovò invece ad annunciare che ” … la Provvidenza in questi giorni è comparsa sotto forma tangibile e molto promettente … ” infatti giovedì  3 agosto 1939 il no­taio Olivarez met­teva a rogito che la Nobildonna Emilia Torriani donava al­l’Opera Don Gua­nella tutti i suoi be­ni.
Nello stesso giorno e con lo stesso atto notarile il sig. Car­lo Genoni cedeva tutti i suoi beni im­mobili, mentre il sig. Giuseppe Sol­biati lasciò l’allora ingente somma di Lire 100.000.
Mons. Cermenati in data 2 ottobre 1939, sulla lettera aperta alla popolazio­ne, esortava i castanesi: “Unicuique Dominus mandavit de proximo suo. Iddio ha fatto grave dovere a ciascuno di noi di giovare al prossimo nostro specialmente col di­sporlo a compiere opere caritative … “.
Ciò che lo Spirito ispirava nei cuori degli eminenti sacer­doti divenne realtà, ma per dare stabilità all’opera che stava per sorgere, Mons. Cermenati pensò di affidarla ad una Congregazione che avesse il carisma adatto e lo sco­po di soccorrere i più bisognosi e quelli abbandonati ma­terialmente e moralmente.
Ebbene la scelta cadde sulla Congregazione dei “Servi del­la Carità” di Don Guanella sapendo che l’erigenda Casa sarebbe divenuta dimora non solo per Castano, ma per tutto il circondario. Ad informare S.E. il Cardinale Schuster fu mandato, da Mons. Cermenati, Don Florindo il quale tornò testimo­niando il compiacimento del cardinale e la sua commozione nel mandare la Paterna Benedizione.
Altri distinti cittadini Castanesi misero a disposizione i lo­ro beni in modo che si potessero iniziare i lavori di siste­mazione per rendere i locali idonei allo scopo. I Servi della Carità vi stabilirono la loro residenza il 13 set­tembre 1941, sotto gli auspici di San Giuseppe.

Mons.Giuseppe Cermenati

Carlo Genoni

Giuseppe Solbiati

Mons. Giuseppe Cermenati vide cosÌ realizzarsi quello che per lunghi anni della sua vita sacerdotale era stato il desiderio più ardente ed il Signore Buono gli concesse di vedere muovere i primi passi della nascente Casa che egli stesso volle accompagnare per mano guidando personal­mente i lavori di sistemazione di Casa Torriani, in attesa dell’arrivo dei pri­mi Guanelliani e dei ricoverati.
La lunga giornata terrena di Mons. Cermenati, nato a Cesano Maderno il 10 ottobre 1861, volgeva al termine: dopo il primo at­tacco nel giorno di San Giuseppe del 1942, la malattia continuò ad aggra­varsi e il 3 giugno, alle ore 11.07 il suo cuore cessava di battere.
La nobildonna Emi­lia era nata a Mila­no il 20 settembre 1862 dalla nobile famiglia dei Conti Torriani: Giuseppe e Bossi Teresa.
Ultima di nove fratelli sembrò radunare in sè tutte le mi­gliori e belle doti della famiglia: intrapprendente in ogni genere di bene, sempre prima nelle opere di carità, profondamente generosa e pia.
Donna Emilia fece proprio il sogno di Mons. Cermenati: ri­masta sola volle perpetuare le nobili gesta della famiglia donando tutti i suoi beni affinché quel sogno si potesse realizzare.
Non aspettò che ciò avvenisse, come di solito, dopo la sua morte, ma si ritirò in un piccolo appartamento la­sciando cosÌ la possibilità di mettere mano agli adatta­menti.
I primi Servi della Carità lavorarono molto e moltiplicaro­no presto i ricoverati.
Numerose testimonianze ricordano la beatitudine della Nobildonna nell’ammirare lo sviluppo dell’Opera e quan­do suonava la campana che chiamava alla preghiera, pur trascinandosi con dolore e fatica, partecipava alle sacre liturgie.
Anche per questa benefattrice il pellegrinaggio terreno stava per terminare: non scese più dal suo appartamento e le forze vennero sempre meno fino alla dipartita; il gior­no 9 luglio 1947 passò a miglior vita portando con sè grandi meriti di bene.
Dal cronicon della Casa riportiamo letteralmente la dedi­ca ai benefattori:
“Ai nomi di Mons. Cermenati e di Donna Emilia, l’Ospizio di Castano unisce con pari ricordo e imperitura ricono­scenza quello dei signori Carlo Genoni deceduto il 30 ago­sto 1940, e Giuseppe Sobiati, deceduto il 26 luglio 1941. Unitamente a Donna Emilia essi donarono per l’Ospizio, all’Opera Don Guanella, i loro beni immobili con atto no­tarile del 3 agosto 1939”.
L’Istituto ricorda ancora tutti quegli ottimi signori di Ca­stano che con la loro opera, il loro affetto e col loro con­tributo aiutarono l’opera nascente: primo fra tutti l’allora Podestà, Gr. Uff. Giuseppe Rusconi, il Dott. Guglielmo Riva ed i coadiutori di Castano Don Florindo Spinelli e Don Carlo Villa, il Gr. Uff. Vito Dott. Vitalone e la consorte Dott.ssa Vincenzina.
E ancora il sig. Egidio Origoni che con spirito ammirevole dedicò gratuitamente tutte le sue forze. Grazie infinite a tutti.

Emilia Torriani

Il promemoria del testamento di Emilia Torriani

I PRIMI GUANELLIANI

​Il 13 settembre 1941 l’Opera Don Guanella prendeva pos­sesso della casa di riposo S. Giuseppe in Castano Primo. Primo direttore fu don Francesco Rovida, sacerdote di va­lida esperienza, per incarichi di missione avuti dalla con­gregazione in Italia ed in America, dove profuse con gene­rosità e con cuore le sue forze, le stesse che mise nella as­sistenza agli anziani della nuova Casa di Castano.
Primo collaboratore di don Rovida fu don Camillo Spo­laore, con lui giunsero anche le prime suore guanelliane con il compito di coadiuvare i sacerdoti nelle diverse mansioni.
Primo fratello Guanelliano, uomo di tutta preghiera,
Fr. Agostino Pulici.
Nel 1943 si avvicendava come direttore don Giovanni Riva nel segno della continuità dell’opera di don Rovida, aven­do come collaboratori don Filippo Bonacina, appartenen­te alla prima generazione guanelliana aveva conosciuto il fondatore, e don Rolando Rossetti che con spirito di sa­crificio si prodigò per alleviare le molte privazioni degli ultimi anni di guerra e immediato dopoguerra.
Nell’agosto 1945 successe a don Riva, don Celeste Cap­pelletti, il quale diresse con intelligenza il ricovero per quattro difficili anni con l’aiuto di don Emilio Canzi, don Anselmo Ferrari, don Ambrogio Gianni, don Nino Fomiatti che si succedettero unitamente ai Fratelli religiosi Salva­tore Fogliamanzillo, Giuseppe Maggioni, Angelo Civati, Angelo Biesuz, Pasquale Macchi, Alberto Cescut e fratel Martino.
Nel 1949 attese alla direzione don Cirillo Fontana al quale
succedette, nel 1953, don Giuseppe Legnani; in quegli an­ni l’Opera stava per incamminarsi sulla strada di un gran­de sviluppo.
Il 14 ottobre 1958 giunse alla direzione don Luciano Tosi, sostituito il 12 ottobre 1959 da don Pietro Mazza.
A conclusione di questa doverosa memoria non possiamo dimenticare l’opera delle Prime suore Guanelliane, Figlie di S. Maria della Provvidenza: Polonia Maria, Ferrario Ma­ria, Fumagalli Maria, Castiglioni Angela, tutte sorelle di grande preghiera, lavoro e sacrificio.

CRONISTORIA DELLA STRUTTURA

Da piazza Mazzini, dominata dalla chiesa Parrocchiale di S. Zenone, si accedeva a Casa Torriani da un vicolo stret­to, rimasto tale, detto dell’Arco Nuovo.
L’ingresso è costituito appunto da un arco, parte in sasso e parte in muratura, risalente a qualche secolo fa; varca­ta questa soglia a destra vi era l’abitazione che veniva adibita a ricovero femminile; più avanti, sulla sinistra, nel palazzo già abitato dai Torriani, vennero ricoverati gli uo­mini per un numero iniziale di 30 posti letto.
Fu allestita, con gusto e generosità dei Castanesi, anche una cappella: il complesso appariva semplice ed armonio­so, frutto tangible della Provvidenza che si servì degli uo­mini per realizzare un disegno celeste.
Nel 1946 don Celeste, costatata la pericolosità dei rustici che si trovavano in grande degrado, fu costretto a rinno­varli; pensò bene di ubicarli in altra area, staccandoli il più possibile dal fabbricato centrale, impresa peraltro non facile per quei tempi. I nuovi rustici, necessari per l’e­conomia dell’epoca, comprendevano la stalla per le muc­che, fienile, lavatoio ed altro.
Nel 1951, a dieci anni dalla fondazione, don Cirillo Fontana, pressato dalle sempre crescenti richieste di ricovero, in­vitò i Castanesi ad una gara di generosità, come in passato, per poter fare fronte al necessario ampliamento della Casa.
I vecchi fabbricati pericolanti ed ormai inservibili venne­ro abbattuti e al loro posto, sotto la direzione del capo­mastro Ruggeri, si iniziarono i lavori per la nuova costru­zione che si concretizzò nell’ampliamento di quella origi­naria, prospiciente il palazzo Torriani; sorsero così gli edi­fici destinati alla nuova cappella, vari locali a piano terra, dormitori ed infermeria al piano superiore.Nei primi giorni del febbraio 1954 gli anziani presero a di­morare nella nuova ala e il giorno di S. Giuseppe si festeg­giò l’inaugurazione.

LA GRANDE ORA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

Dal Cronicon della Casa:
“Già nel marzo 1954, inaugurandosi la nuova ala del Vec­chio Ospizio, il Direttore don Giuseppe Legnani annuncia­va prossimo l’inizio di ulteriori lavori per la realizzazione di un grande progetto, destinato a dare all’Ospizio la sua decorosa definitiva e imponente sistemazione.
A questa decisione si era pervenuti in seguito a mature riflessioni e grazie al caldo e generoso appoggio del Rev.mo Economo Generale dell’Opera Rev. don Antonio Turri. Ottenuta l’approvazione del Superiore Generale don Luigi Alippi e del Consiglio, non rimaneva che stu­diare il progetto e pensare a come fronteggiare l’immane spesa.
Per il progetto, l’esperienza acquisita dall’ing. Paglia, in costruzioni già altrove eseguite per l’Opera, dava sicuro affidamento. Demolizione totale della Casa Torriani e nuo­va costruzione dalle fondamenta; per la spesa: fiducia nel­la Divina Provvidenza. Si misero in vendita i terreni e le case del lascito Genoni-Solbiati, onde realizzare i primi fondi. Compratore principale il sig. Remo Lamperti, trami­te il sig. Turri, Sindaco di Lonate Pozzolo.
Mentre le ruspe iniziavano il loro lavoro per demolire la vecchia casa, il pensiero andava, commosso alla nobile donatrice, Donna Emilia Torriani, che forse nella bontà e generosità del suo cuore aveva sognato un giorno la gran­de realtà, e visto la moltitudine di poveri che un giorno per lei avrebbero avuto una casa.
Mentre si realizzava il sogno ardente di Mons. Cermanati che tanto aveva sospirato, dato e fatto per l’Opera e che ultimo ricordo lasciava ai Castanesi: “Oggi come ieri, il mio vagheggiato ideale, le mie indomite speranze, i miei ripetuti e paterni inviti, i miei ardenti voti, la mia suppli­ca, il mio accorato appello perché l’inclito Patrono San Giuseppe, mercè l’opera santa deo figli del venerabile Don Luigi Guanella, sia rifugio agli infermi, consolazione dei miseri, àncora di fiducia”.

PRIMA PIETRA

Dal giornale “L’Italia” del 12 giugno 1956 leggiamo:
“Domenica prossima 17 giugno alle ore 16, il locale corpo bandistico parrocchiale accompagnerà autorità e popolo dalla Casa parrocchiale all’Ospizio San Giuseppe dove verrà benedetta la prima pietra della nuova casa di riposo per vecchi da S.E. Mons. Lorenzo Bolcani, arcivescovo missionario.
(omissis) Artefice dell’ospizio fu il cuore grande del compianto prevo­sto Cermenati che, nel 1941, chiamò i figli di Don Guanel­la a fondarlo, invi­tando i sig. casta­nesi N. D. Emilia Torriani, Giuseppe Solbiati, Carlo Ge­noni a dotarlo di beni immobili che vengono ora usati in parte per assicurare all’Opera benefica maggiore vita­lità e consistenza. Le fondazioni della nuova ne danno l’i­dea della grandiosità: così si spera che nel nuovo anno molti vecchietti che ora battono invano alla porta si po­tranno aggiungere al minuscolo gruppo dell’attuale fami­glia di ospiti, portandone il numero da 40 a 100.
La spesa naturalmente è ingente, ma i figli di Don Guanel­la credono nella Divina Provvidenza in modo illimitato e confidano di condurre a termine la non indifferente im­presa”.
Ecco sempre dallo stesso giornale il giorno della posa del­la prima pietra:
“Con devota ed unanime partecipazione il buon popolo di Castano ha assistito nel pomeriggio del 17 giugno 1956 al­la posa della prima pietra per i lavori di totale rifacimento dell’Ospizio San Giuseppe, Casa di riposo per vecchi del­l’Opera Don Guanella. Presenti alla cerimonia autorità ci­vili ed ecclesiastiche, sono intervenuti il Sindaco Dott. Tacchi, S. E. Mons. Lorenzo Balconi Arcivescovo missio­nario, l’On. Pio Alessandrini, il Dott. Adrio Poggi, il Conte Franco Rusconi, il Sindaco di Lonate Pozzolo rag. Angelo Turri e tutta la popolazione Castanese.
S. E. Mons. Balconi benediva la prima pietra con pergame­na ricordo firmata dalle autorità. Concludeva inneggiando la grande opera di carità che ha permesso il Signore in un’Opera consacrata all’Amore”.
L’entrata nella grande struttura avvenne progressivamen­te nella primavera del 1958, mano a mano che i locali ve­nivano ad essere disponibili con tutti i relativi servizi.

I GIORNI NOSTRI

Agli inizi degli anni 90, nonostante le varie migliorie già apportate, la Casa si presenta inadeguata alle esigenze dei nostri tempi sia per l’invecchiamento degli ambienti sia per le nuove normative nazionali ed europee che pre­vedono livelli di standard più elevati.
L’Opera Don Guanella ritiene quindi opportuno avviare le procedure per un ulteriore ammodernamento della Casa: la preparazione dei progetti, il loro vaglio, la scelta defini­tiva e l’iter burocratico per l’approvazione della Regione Lombardia e dell’U.S.L.L. richiedono circa tre anni di lavo­ri e consultazioni.
Non potendo demolire lo stabile per lasciare il posto ad uno nuovo, l’architetto Promontorio presenta un progetto che, fatti salvi solo i muri perimetrali e l’aspetto esterno, prevede un completo rifacimento interno.
Nel marzo 1996 vengono iniziati i lavori che si possono ri­tenere ultimati poco prima del Natale 1997.
Ulteriori lungaggini burocratiche impedirono di prendere possesso della nuova struttura, lungaggini che portarono ad attendere quasi per un anno intero fino alla data del 18 novembre 1998, giorno in cui gli anziani poterono final­mente entrare nei nuovi ed accoglienti ambienti. Alla vigi­lia dell’inaugurazione ufficiale, stabilita per i giorni 29 e 30 maggio 1999, la struttura si presenta abilitata per ospitare 48 anziani, di cui 4 donne, che arriveranno in futuro al nu­mero massimo di 10, non autosufficienti totali; gli ospiti trovano alloggio in camere singole, doppie ed a tre posti, con relativi servizi igienici. Le camere sono dislocate su due piani dove trovano posto anche la sala da pranzo, una camera per l’emergenza, due bagni protetti; al piano superiore vi è l’infermeria mentre al piano inferiore è col­locato lo studio medico. Tutte le stanze si affacciano su due lunghi balconi che occupano l’intera facciata dell’edi­ficio, sia sul lato nord che su quello sud.
Dall’ingresso principale, a piano terra, si accede alla Chie­sa dietro la quale troviamo gli uffici amministrativi e la di­rezione; sempre dallo stesso ingresso si raggiunge il piano rialzato dove vi sono locali comuni: sala bar, palestra fi­sioterapica, sala riunioni, sala fumatori, refettorio dei reli­giosi, cucina, uffici del responsabile e dell’animatore oltre ai vari servizi igienici. Nel seminterrato trovano posto il laboratorio per le attività terapeutiche occupazionali, la biblioteca, una sala teatro, spogliatoi per il personale maschile e femminile ol­tre al locale dispensa con annessa cella frigorifera. Precedentemente staccati dall’edificio principale ed ora collegati ad esso da un tunnel sopraelevato vi sono, sul lato ovest, due edifici che ospitano rispettivamente il guardaroba – lavanderia e gli alloggi dei religiosi oltre alle camere per gli obiettori accreditati.
Due gli ingressi, uno da Via dell’Arco Nuovo, dove è collo­cata la portineria, l’altro da Via Acerbi; i due cancelli con­ducono rispettivamente al cortile dell’ingresso principale ed all’ampio giardino posto a sud dove, lungo il muro di cinta, vi è il parcheggio per il personale. Un secondo giar­dino si trova a nord, delimitato dalla Chiesa e dall’ala lun­ga dell’edificio principale.
La persona anziana che viene accolta nei nostri Centri porta con sé una propria ed unica esperienza di vita con i suoi valori, le sue abitudini ed i suoi desideri ed una combinazione parti­colare ed unica di bisogni fisici e psichici. La nostra Casa, in applicazione dello stile guanelliano, assicura che a tutte le persone anziane sia concesso il diritto ad una esi­stenza dignitosa, al rispetto, alla autodeterminazione, al pieno riconoscimento della propria individualità, a cure adeguate e ad una assistenza fatta con scrupolo e rispetto del “privato personale”, a comunicare con la realtà esterna ed a relazionarsi con essa.

Tutta la Comunità ha il dovere di promuovere e di proteggere i diritti delle persone anziane che accoglie, al fine di assicurare loro una migliore qualità di vita. Sarà quindi necessario che sia­no tenuti in considerazione alcuni aspetti:

  • la autodeterminazione e la partecipazione nello scegliere le proprie attività giornaliere, il tipo di assistenza appropriata e personalizzata, il livello di interazione con la struttura, l’ac­coglimento delle preferenze o dei bisogni nel rispetto della propria sicurezza e salute;
  • la partecipazione ed integrazione nella vita di comunità con particolare attenzione alla famiglia di origine che, pur viven­do all’esterno della Casa, deve continuare a sentirsi coinvolta in particolare nel rapporto affettivo con il proprio famigliare ospite;
  • servizi sociali adeguati per rispondere ai bisogni di benesse­re psico-sociale, nell’instaurare, mantenere e sviluppare i rap­porti sia all’interno della Casa che all’esterno e, in primo luo­go, con la famiglia e con l’ambiente di vita precedente l’am­missione alla Casa;
  • un ambiente che sia sicuro, confortevole, famigliare e che permetta alla persona anziana di utilizzare, nel limite del pos­sibile, i propri effetti personali;
  • garantire l’opportunità di svolgere piccoli lavori ed un’atti­vità utile; favorire il libero accesso ai mezzi di informazione e di divulgazione delle notizie; sostenere la facoltà d’esercitare un’attività culturale e creatrice e la possibilità di trasmettere alle generazioni future la propria esperienza di vita ed il pro­prio ingegno;
  • favorire la possibilità di esprimere la libertà di formarsi una propria opinione e di comunicarla e la libertà di vivere una propria interiorità spirituale e di praticare la propria fede re­ligiosa. 


Il rispetto di questi diritti permetterà alla persona anziana di sentirsi protagonista della propria vita e, come diceva don Guanella, di essere il “padrone di casa” nel proprio contesto di vita.